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di John Greyson
(Canada, 1996)
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Inizia come in una prison-movie, che scopriremo subito essere non solo un'introduzione, ma quasi un'abile sberleffo: fra guardie sofisticate, sbarre e cancelli elettronici, infilata di celle e torrette di controllo, un vescovo che viene introdotto al cospetto di un prigioniero malato - un amico d'infanzia al quale apportare conforto - e che invece scorpriremo autore di una trappola feroce quanto sottile. Complice il capellano, le guardie e gli altri detenuti, una volta introdotto il vescovo nel confessionale, cambia la scena. La cappella della prigione si muta in scena teatrale, i carcerati in una troupe teatrale di ovviamente soli uomini. E tutti gay. Che mette in scena - mescolando a quel modo presente e passato - un episodio sepolto nel tempo, e nella cattiva coscienza del vescovo. Martirio di San Sebastiano (quasi un omaggio a quel Derek Jarman che sembra essere uno dei punti di riferimento del regista), riproduzione di una recita nel collegio del 1912, passioni giovanili attorno alla bellezza efebica dell'adolescente Simon, mongolfiere colorate che si stagliano nel cielo azzurro di una Belle Epoque sognata. Quella di Greyson è certamente una visione potente, nata da una sceneggiatura portante, capace di toccare i tasti espressivi piu`disparati. Si resta ammirati, difficilmente attratti; e non solo perché di attrazzioni particolari si tratti. Ma per la difficoltà di entrare nel senso e nel clima della rappresentazione; per la diffidenza suscitata da un'estetica preziosa quanto glaciale.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
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da evitare
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